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INCUBO CONTROLLI FISCALI: COME SUPERARE LE VERIFICHE ( E VIVERE FELICI)

17/10/2014

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Troppo spesso i controlli e le verifiche del Fisco si trasformano in un incubo per i contribuenti, confusi da bizantinismi e cavilli giuridici. 
Per evitare sgradite sorprese, bisognerebbe tenere presente alcune precauzioni di base utili per rispondere al meglio ai controlli e alcuni suggerimenti necessari per impostare il vostro ricorso in caso riteniate di essere vittima di un errore. Vediamo come con l'aiuto di una guida redatta dagli esperti de Il Sole 24Ore.
La prima regola da tenere presente quando si ha a che fare con il Fisco è innanzitutto quella di produrre sin dall'inizio tutta la documentazione disponibile, per risparmiare tempo e fatiche con successive richieste di integrazioni o rettifiche: inoltre tenete presente che la certificazione di spese per importi superiori a quelli realmente sborsati costituisce un reato, come anche la certificazione di spese non sostenute affatto. Nel caso riceviate una richiesta di controllo formale, vale a dire il confronto tra quanto attestato dalla dichiarazione e la documentazione relativa siete tenuti, entro 30 giorni dalla notifica, a fornire ricevute, contabili o fatture che attestino le spese sostenute: inoltre vi potrebbe venire richiesto di produrre ulteriori documenti, come la sentenza del giudice, per dedurre l'assegno di mantenimento dell'ex coniuge, o alcune prescrizioni mediche, nel caso di spese rimborsabili, come le cure termali o speciali materassi terapeutici.
Se il controllo formale dovesse evidenziare errori nella vostra dichiarazione, è possibile, pagando entro 30 giorni dalla data di ricevimento dell'avviso con le nuove imposte, sanzioni ed interessi, beneficiare di sanzioni ridotte dei 2/3. Il termine dei 30 giorni non vale in caso di versamento rateale (sono previste fino a 6 rate trimestrali per i debiti non superiori a 5.000 euro e 20 rate trimestrali per quelli superiori a tale cifra).
Nel caso desideriate impugnare l'atto del Fisco, ricordate che non potete farlo con l'avviso bonario (cioè la comunicazione di irregolarità), ma dovrete aspettare la cartella di pagamento, che vi deve essere notificata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione in esame. In caso di notifiche presentate oltre il termine dei quattro anni - questo è un punto essenziale - l'atto è da considerarsi decaduto. La cartella di pagamento si può impugnare per due motivi (o "vizi") principali: quelli "propri", cioè gli errori commessi nella stesura o nella notifica della cartella, e quelli "di merito", che riguardano l'illegittimità o l'infondatezza della pretesa. Nel primo caso dovrete fare ricorso direttamente all'agente della riscossione, nel secondo invece all'Agenzia delle Entrate.
Un caso particolare è costituito dalle cartelle relative a imposte inferiori o pari a 20.000 euro e impugnabili per vizi di merito: in questo caso va soggetta al reclamo/mediazione. Una volta che avrete inoltrato, oltre al ricorso, l'istanza di reclamo/mediazione, scatta una sospensione di 90 giorni: in questo periodo potrete cercare un accordo con il Fisco al fine di evitare la costituzione in giudizio. Se la mediazione dovesse avere successo, potrete pagare le sanzioni, entro 20 giorni, con una riduzione del 40%.
Nell'eventualità invece che vi doveste costituire in giudizio, ricordate di avere 30 giorni dopo aver notificato il ricorso all'Agenzia dell'Entrate e/o a Equitalia. Dovrete procedere poi al deposito, presso la commissione tributaria provinciale, del ricorso, degli allegati, della nota di deposito e della copia del pagamento del contributo unificato, che varia a seconda del valore della causa.
Tenete infine presente che una volta presentato ricorso, gli obblighi di pagamento nonvengono sospesi. Impugnando una cartella di pagamento, dovrete comunque versare le somme richieste entro 60 giorni. Quello che potete fare è richiedere una sospensione, all'agenzia delle Entrate (amministrativa) o al giudice con apposita istanza (giudiziale). Sia nell'uno che nell'altro caso, occorre dimostrare il fumus boni iuris (cioè la "parvenza di buon diritto", ossia dei presupposti per applicare la sospensione) e il periculum in mora, (cioè l'esistenza di un rischio reale ai vostri danni in caso il pagamento non venga sospeso).

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    Autore

    avv. Gennaro di Maggio
    Patrocinante  presso le Magistrature Superiori 
    Docente di diritto finanziario

    Facoltà di Giurisprudenza Università Federico II di Napoli
    Responsabile dello sportello di consulenza e assistenza tributaria del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.
    Componente del comitato regionale sulla mediazione tributaria istituito presso la D.R.E. Campania 

    Attenzione: 
    In questa sezione lo studio di Maggio & associati  propone contenuti a solo scopo informativo e che in nessun caso possono costituire parere legale. E' vietata la riproduzione e la divulgazione anche parziale senza autorizzazione.

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